Il cammino della coppia verso la procreazione
Intervista apparsa su SANISSIMI (inserto de Il Giornale ) giugno 2010
di Eugenia Campo di Costa
Avere un figlio. Un desiderio naturale,che spesso appare come un sogno non sempre facilmente raggiungibile. Si stima che oltre il 30% delle coppie abbia difficoltà riproduttive. In genere, si considerano sterili quelle coppie che non riescono a intraprendere una gravidanza dopo un anno o più di rapporti sessuali regolari e non protetti. «Si dovrebbe spostare la comune concezione di sterilità di coppia e intenderla nei termini di un percorso che comprende un itinerario terapeutico, rispettoso della salute, che comprenda diagnosi e terapia quando, dopo un certo lasso di tempo gestito con un programma personalizzato su ogni coppia, non si riesca a sbloccare una condizione di difficile fecondazione» afferma il dottor Alfonso Esposito, ginecologo.
Il primo passo è una diagnosi corretta. Attraverso quali esami si può diagnosticare l’infertilità nell’uomo e nella donna?
«La prima diagnosi riguarda eventuali problemi di coppia. Quindi, attraverso valutazioni combinate come ad esempio il PCT – post coital test – che cerca di definire la capacità degli spermatozoi di attraversare il muco cervicale, si indirizza il percorso verso esami più mirati. È bene ridurre al minimo il numero e l’invasività dei mezzi di diagnosi, sfruttando molto clinica ed ecografia. Isterosalpingografia e isteroscopia ed il ricorso a metodiche più invasive, come la laparoscopia, deve avvenire solo quando strettamente necessario».
Effettuata la diagnosi si passa quindi alla terapia.
«La vera terapia inizia con il colloquio tra il medico e la coppia per decidere il percorso da intraprendere con rispetto e fiducia reciproci. È fondamentale cercare di smorzare tensioni, nevrosi e fretta che solitamente accompagnano il desiderio gravidico. È evidente che le coppie sterili adotterebbero subito metodi a loro parere più rapidi e sicuri, non considerando che i risultati sono ancora stimati in percentuali e l’impegno economico e farmacologico è gravoso. Per il medico è molto impegnativo gestire due menti alla ricerca spasmodica del risultato. L’obiettivo è riuscire a fare uno screening delle coppie che possono seguire un itinerario a basso impatto farmacologico e diagnostico».
Una volta realizzato il sogno, comincia un altro percorso. La vita del feto nel grembo materno. Quali screening si possono effettuare oggi?
Complesso l’argomento: per gli screening percentuali di cromosomopatia io li sostituirei con la DIAGNOSI di assenza del CAV (canale atrio ventricolare, presente in gran parte delle trisomie 21 ) con studio cardiaco precoce e affiderei all’amniocentesi la ricerca della certezza quando richiesta.
«L’ecografia morfostrutturale, praticata intorno alla ventesima settimana, permette di studiare la crescita fetale, lo sviluppo e l’anatomia degli organi di cui è consentita la valutazione in utero, la flussimetria studia, a seconda dei periodi di gravidanza, i distretti materno-placentari e feto-placentari valutando eventuali risposte fetali anomale o di compenso a stati di difficoltà circolatorie.
Lo studio mediante ultrasuoni è un validissimo sussidio dinamico che permette di seguire una serie di eventi altrimenti invalutabili?
«In ciascun periodo della gestazione quando ben gestito, l’esame ecografico dà informazioni attuali e di massima sulla prognosi . Continua sempre a non essere prevedibile la patologia acuta che non mostri segni premonitori. Spesso i futuri genitori proiettano le informazioni che ricevono sul presente fetale, al futuro neonatale e magari oltre. Questo traslare sogni e immagini permette nell’immediato di tranquillizzarsi, ma il feto vive come noi giorno dopo giorno ed è in balia degli entusiasmi e delle difficoltà sue e di quelle materne come farà quando si trasformerà nel nostro bambino».Nostro compito è affiancare in questo percorso i genitori
Quali variabili entrano in gioco nei controlli di diagnostica prenatale?
«Per ogni tipo di esame esiste un limite della metodica che, aggiunto a quello umano oggi sempre più variabile da medico a medico, può dare una diversa lettura della diagnosi. In pratica eseguire al meglio un esame ecografico significa sfruttare al massimo la capacità del medico che interpreta le varie immagini e ottenere il massimo dalla capacità intrinseca al tipo di esame e all’apparecchiatura utilizzata. L’abilità del medico, la qualità delle apparecchiature e la tipologia materna, le posizioni del feto e il periodo del controllo determinano varianti che potranno essere dissimili da esame a esame e da paziente a paziente pur mantenendo costanti qualità di mezzi e di operatori».